Il colpo è stato duro (non come quello accusato all’epoca di Calciopoli, ma poco ci manca) e la Juventus l’ha sentito: venerdì scorso, la Corte d’Appello della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) ha inflitto ai bianconeri una pena di 15 punti da sottrarre nella classifica del campionato di Serie A in corso, a seguito di un ricorso sul caso delle plusvalenze.
Penalizzati fortemente anche i dirigenti
La Corte ha inoltre inflitto molteplici sanzioni ai suoi ex membri della dirigenza, tra cui il presidente Andrea Agnelli e il direttore generale Fabio Paratici, ora al Tottenham.
La sentenza della Corte d’Appello ha colpito duramente, in quanto la penalizzazione inflitta è stata addirittura superiore a quella richiesta dal procuratore federale, ovvero 9 punti. La Juventus è stata l’unica società penalizzata, mentre le altre otto squadre coinvolte nell’inchiesta (Empoli, Genoa, Novara, Parma, Pescara, Pisa, Pro Vercelli e Sampdoria) sono state assolte.
Tra le richieste del procuratore Giuseppe Chinè, la revoca della precedente assoluzione della Juventus nel processo sulle plusvalenze e l’applicazione di una misura afflittiva quantificabile in 9 punti di penalizzazione. La sanzione dovrebbe essere afflittiva, in quanto le plusvalenze fittizie della Juventus hanno permesso al club di limitare le perdite, evitare la ricapitalizzazione e continuare a operare sul mercato dei trasferimenti nelle ultime tre stagioni.
Questo ha comportato un vantaggio ingiusto nella competizione interna e quindi la sanzione, per essere afflittiva, dovrebbe avere l’effetto di spingere i bianconeri lontano dalle posizioni in classifica che danno accesso al calcio europeo. Intanto su casino.netbet.it si moltiplicano le scommesse se la Vecchia Signora ce la farà o meno a tornare subito in Europa.
La sentenza della Corte è andata oltre e ha aumentato la sanzione a 15 punti. Di conseguenza, la Juventus è precipitata al 10° posto nell’attuale classifica di Serie A, a 15 punti dalla zona Champions League e a 12 punti da un posto in Conference League.
La sentenza prevedeva anche l’interdizione nazionale per diversi membri dell’ex consiglio di amministrazione della Vecchia Signora. Fabio Paratici ha ricevuto un’interdizione di due anni e mezzo, mentre Andrea Agnelli è stato inibito per due anni. Anche l’ex amministratore delegato Maurizio Arrivabene ha ricevuto un’interdizione di due anni. La sanzione per l’attuale direttore sportivo Federico Cherubini è stata di 16 mesi di inibizione, il che significa che la Juventus perderà l’uomo al timone delle operazioni di mercato.
Anche la UEFA adotterà sanzioni?
È stata richiesta l’estensione di tali divieti anche a livello UEFA e FIFA, il che significa che l’attuale lavoro di Paratici al Tottenham in Premier League potrebbe essere a rischio.
La Corte d’Appello pubblicherà le motivazioni della sentenza entro 10 giorni. La Juventus potrà quindi appellarsi al Collegio di Garanzia dello Sport, che è il più alto tribunale sportivo del Comitato Olimpico Italiano. Tuttavia, il Collegio non può ribaltare la sentenza. Può solo invitare la Corte d’Appello a rivedere la propria decisione se rileva un errore nel procedimento o se stabilisce che i diritti dell’imputato sono stati violati.
La posizione della Juventus è chiara, in quanto nega qualsiasi illecito. Il club ha rilasciato un comunicato in cui sottolinea di essere già stato assolto dal Tribunale Federale Nazionale dall’accusa di falsa contabilizzazione di plusvalenze. Ha confermato l’intenzione di ricorrere in appello contro la sentenza della Corte d’Appello non appena saranno pubblicate le motivazioni.
Anche i legali del club – Maurizio Bellacosa, Davide Sangiorgio e Nicola Apa – hanno rilasciato una dichiarazione, evidenziando che ritengono la decisione della Corte “una chiara disparità di trattamento”.
Ma i problemi per la Juventus potrebbero non essere finiti. La società è ancora sotto la lente della Corte d’Appello anche per i presunti accordi presi con alcuni giocatori, tra cui Cristiano Ronaldo, per posticipare il pagamento di alcuni stipendi durante la pandemia. Tali pagamenti differiti non sarebbero stati registrati nei bilanci, con conseguente frode fiscale.